Bene, che cosa ci serve per raccontare una favola?
Per prima cosa abbiamo bisogno di sapere dove siamo . Ci
serve una bussola; la bussola indica il nord, sapendo dov’è il nord sappiamo
dove sono gli altri punti: sud, est, ovest. Se la usiamo sappiamo dove siamo,
se la teniamo in tasca possiamo andare a Dappertutto. Dappertutto non vuol dire
in qualsiasi posto. Dappertutto è un posto dove avvengono cose magiche. Non
serve la bussola, per andare a Dappertutto. Poi ci serve qualcosa per sapere in
che epoca viviamo; abbiamo un calendario. Il calendario serve a misurare i
giorni, i mesi, gli anni, ci dice in che giorno, mese e anno siamo, e che
giorno della settimana è: lunedì, martedì, mercoledì... ma non tutti funzionano
solo al presente. I calendari normali forse, ma i calendari delle favole non
sono così. I calendari delle favole possono portarci indietro nel tempo.
Oppure, se li teniamo chiusi, ci possono portare in un luogo senza tempo, dove
esistono le fate, i folletti, le creature magiche. Voi dove volete andare,
indietro nel tempo, oppure in un luogo senza tempo, con le fate, i folletti ma
attenzione, anche con le streghe cattive? Ci potrebbero essere anche le streghe
cattive e i draghi. Non vincono mai, le streghe cattive, ma ci provano lo
stesso a fare del male alle principesse. I draghi muoiono sempre alla fine, ma
prima si mangiano un bel po’ di cavalieri, e se gli capita anche qualche
bambino, ma di quelli della favola, non certo voi.... a meno che non vogliate
entrare anche voi nella favola. No, meglio di no....
Torniamo indietro nel tempo?
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Omar e il popolo nobile
Tanto tanto tempo fa la terra era un unico reame in cui i
sudditi erano tutti nobili e ricchi: re, regine, principi e principesse, duchi e baroni. Era governata da un giovane povero, tanto
povero che la sua casa era fatta di canne e fango. Si chiamava Omar.
Il Creatore aveva disposto, dopo avere creato la terra e gli
uomini, che fossero tutti ricchi e non avessero bisogno di niente; solo uno,
con la sua sposa, avrebbe dovuto soffrire per il bene degli altri. Per
governarli doveva essere diverso da loro, quindi povero, ma in compenso gli
aveva concesso la felicità del focolare domestico.
Così Omar governava felicemente insieme alla sua sposa,
Shamira, anche lei povera; ogni giorno andava a lavorare nei campi dei suoi
sudditi e guadagnava quel poco che gli serviva per vivere felice insieme alla
sua sposa. I suoi sudditi avevano tutto quello che serviva loro, e anche di
più. Cavalli, soldati, servitori (ma anche i servitori e i soldati erano nobili
e ricchi, solo un po’ meno dei loro padroni), cibo in abbondanza; non dovevano
lavorare, non avevano niente di importante da fare.
Per questo, non avendo niente da fare, impegnavano il tempo
per litigare tra di loro. Ogni scusa era buona, per litigare. “Il mio cavallo è
migliore del tuo!” – “Mia moglie ha un vestito più bello di quello di tua
moglie!” – “Io ho più soldi di te!”... E litigavano di brutto, al punto che
ogni giorno Omar, che li governava ma non era il Re perché loro erano tutti
nobili e lui no, era costretto ad intervenire per farli smettere.
Ma Omar non aveva soldati, perché era povero, i soldati li
avevano i suoi sudditi. Lui governava con la forza più potente del mondo; una
forza che se usata bene non ha rivali: la ragione. Omar ragionava, chiamava i
suoi sudditi presso la sua casa e spiegava loro perché non dovevano litigare.
Ragionando stabiliva chi aveva ragione e risolveva sempre i litigi; ma non dava
mai tutta la ragione a uno solo perché sapeva che la ragione, quando due
litigano, non è mai tutta da una parte mentre spesso può accadere che entrambi
i litiganti abbiano torto. I sudditi ricchi non potevano opporsi, perché loro
non ragionavano.
Qualche volta provavano a ribellarsi, e a mandare i loro
soldati contro Omar, ma lui appena li vedeva parlava loro e, sempre ragionando,
li rimandava indietro senza che fosse stata lanciata una freccia.
In verità un
aiuto lo aveva: su una montagna vicino alla casa di Omar abitava un
potentissimo Mago, Jamar. Jamar era un
Mago buono, ogni tanto interveniva per aiutare Omar a risolvere i problemi.
E così fu per tanto tempo, Omar e Shamira vissero insieme poveri
e felici.
Un solo cruccio, ebbero: non poterono avere figli. Quando Omar si
fece troppo vecchio e stanco si recò dal Mago Jamar, chiedendogli consiglio:
“Tra poco io non ci sarò più, non ho figli, chi governerà la terra dopo di me?”
Era un problema serio. Jamar si recò di persona a parlare con i sudditi di
Omar, chiedendo che concedessero un bambino ed una bambina perché potessero
essere destinati a divenire governanti della terra al posto di Omar e Shamira.
Non ci fu niente da fare: nessuno dei sudditi fu disposto a
dare un figlio o una figlia per governare, perché la condizione era che
divenissero poveri. Jamar tornò sconsolato da Omar, preoccupato per il futuro
della terra:
“Appena non ci sarai più tu, i tuoi sudditi saranno liberi di
litigare ed in breve sulla terra non ci sarà più nessuno, si uccideranno tutti
tra di loro.”
Per l’ennesima volta Omar usò la sua potente arma, quella
che chi è accecato dall’avidità non può avere: la ragione.
“Bene, visto che la
terra deve essere governata a qualunque costo, e che nessuno lo vuole fare se
deve essere povero, allora farai in modo che chi governa diventi ricco.”
“Non può
essere! Tra chi governa e i suoi sudditi ci deve essere differenza, non possono
essere tutti uguali.”
“Infatti”
disse Omar
“Farai in modo che chi governa sia
ricco più del più ricco dei sudditi di adesso. E tutti gli altri, li renderai
poveri, così la differenza sarà mantenuta, anche se all’inverso. Non ne saranno
contenti, ma è per il loro bene.”
E così, dopo qualche tempo, alla morte di Omar e Shamira,
che morirono felici insieme dopo una intera vita trascorsa in armonia, Jamar
fece un potente incantesimo: di colpo tutte le ricchezze del popolo divennero
di proprietà di uno solo e della sua famiglia, e tutto il popolo divenne
povero. Il nuovo governante mantenne il titolo che aveva già di Re, solo che
era l’unico Re rimasto, visto che gli altri erano diventati poveri. Jamar ebbe
un ultimo gesto di pietà verso il genere umano, prima di ritirarsi per sempre
sulla sua montagna, nauseato: cancellò dalla mente del popolo il ricordo del
passato, pensando così di non farlo soffrire.
Ma le cose non andarono come pensava: il Re rimase quello
che era, avido e ottuso, e i sudditi, che si ritrovarono poveri e non vi erano
abituati, iniziarono a litigare tra di loro e con il Re, il quale però non
aveva l’arma della ragione, né l’aiuto di Jamar.
E lo fanno ancora adesso.
© 2014 Pasqualino Placanica (Tutti i diritti riservati)
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